Lasciamo l’atmosfera sonnolenta e già carica di umidità di Mandalay alle prime luci dell’alba; ci aspetta un lungo viaggio di 7 ore alla volta del Lago Inle.

Dopo il ko tecnico dovuto al rifiuto del mio corpo per il cibo birmano e aver passato 20 ore a rotolarmi nel letto immaginando di aver preso chissà quale rara malattia tropicale,  ho riacquistato un po’ di forza e siamo pronti a partire. La prima tappa è il ponte di teak più lungo al mondo costruito nel 1849 sul lago Taungthaman: per 1200 metri questa passerella di legno attraversa lo specchio d’acqua ricoperto in parte da giacinti selvatici e orti stagionali ;la foschia, le ombre degli stupa e i monaci che passeggiano rendono l’atmosfera molto suggestiva e mistica.

Iniziamo il lungo viaggio lasciandoci alle spalle la caotica città. Attaversiamo per molti chilometri la campagna prima di iniziare la salita su una strada sterrata e polverosa. A ogni tornante si apre un paesaggio verdissimo e rigoglioso, incrociamo piccoli bus stracarichi di bagagli e famiglie su un unico motorino, anch’esse cariche di frutta e verdura da portare al mercato. Ci fermiamo a regalare un po’ di frutta ad alcuni operai a bordo strada rimasti senz’acqua e facciamo una sosta nei pressi di un villaggio, in un bosco di ficus giganti centenari, sotto ai quali mi immagino di fare lunghe sedute di yoga meditativo. Poi mi ricordo che non saprei da che parte iniziare e riprendiamo il cammino. Entrati nello Stato Shan sembra davvero di essere in un altro Paese: si tratta infatti di una delle aree piu’ intensamente coltivate e ricche del Myanmar, tristemente nota per la coltivazione del papavero, dalla cui linfa si estrae l’oppio usato per produrre l’eroina.

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Arriviamo finalmente alla grotta di Pindaya, un’enorme caverna labirintica che ospita piu’ di 8000 statue di Buddha, di marmo, alabastro, giada, legno e oro. Si cammina attraverso strettissimi passaggi e cunicoli che portano a grotte piu’ piccole; le statue sono disposte in maniera ordinata e adagiate su piu’ livelli, tutte riportano la targhetta dei donatori provenienti da tutto il mondo.

La Grotta é cosi grande che – nonostante ci sia qualche turista – sembra di essere soli nella penombra al cospetto dei migliaia di Buddha. E’ facile imbattersi in qualche fedele nell’atto di pregare che ci obbliga a cambiare direzione, ma se si incrocia un’altra persona bisogna farsi piccoli piccoli oppure infilarsi in un altro corridoio … in due non si passa! Noto un giovanissimo monaco con la famiglia al quale stanno probabilmente spiegando alcuni precetti: lui si guarda intorno un po’ spaesato e poi da bravo devoto si inginocchia davanti a un Buddha.

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La quantità delle statue presenti è in continuo aumento grazie alle donazioni dei pellegrini che possono scegliere il posto all’interno della grotta, il materiale e la grandezza della statua da donare. L’alternativa meno costosa è acquistare alcune foglioline d’oro per pochi dollari e applicarle sulle statue.