Quando mi chiedono cosa mi è piaciuto di più della Birmania non ho dubbi. Belli i templi, le pagoda, i monasteri e i Buddha, senz’altro i più stupefacenti visti finora in Asia. Ma il Lago Inle nasconde tra le sue calme acque una magia che rende l’atmosfera ovattata e mistica e quando partiamo con la barchetta a motore nella frizzante aria mattutina so già che non mi deluderà.
Da Nyaungshwe , porta di accesso al lago, procediamo per una quarantina di minuti lungo il canale prima di arrivare alla grande distesa di acqua dolce che misura 22 km di lunghezza e 11 di larghezza. I pescatori sono già all’opera: noti per essere in grado di remare con una gamba sola così da utilizzare le mani per buttare e recuperare le reti, non perdono occasione di mettersi in posa per una foto al nostro passaggio e farci un saluto amichevole.
Il lago é contornato da paludi e orti galleggianti che possiamo visitare solo perché la nostra piroga é molto piccola e riesce a infilarsi bene nei canali stretti. E’ incredibile come riescano a coltivare pomodori, zucche,peperoncini e svariate qualità di fiori su tappeti galleggianti formati da alghe e ancorati al fondo con canne di bambù.
Sul lago sorgono moltissime villaggi su palafitte, alcuni sono ormai molto conosciuti dai turisti e ospitano mercati di souvenir e oggetti di artigianato; altri sono ancora tranquilli agglomerati di case di teak sospesi sull’acqua ed è possibile visitarli senza il caos dei gruppi organizzati.
La vita scorre lentamente lungo i canali formati dal lago; assistiamo a scene di vita quotidiana come i bambini che fanno le gare di tuffi, le donne che lavano i panni e le giovani ragazze che timidamente entrano in acqua vestite per insaponarsi. Ci sentiamo quasi degli invasori curiosi e nascondiamo le macchine fotografiche ma sembra che i locali non facciano caso al fatto che siamo turisti, ci salutano e ritornano alla loro quotidianità.
Prima dell’arrivo del turismo, al quale il Myanmar si è aperto solo pochi anni fa, le popolazioni locali del lago Inle vivevano prevalentemente di pesca, agricoltura e artigianato, sviluppando così tecniche di manualità incredibili che portano avanti tutt’ora.
Visitiamo un laboratorio dove i giovani lavorano l’argento e le gemme provenienti dalle miniere del nord: accosciati in posizioni assurde – come solo gli Asiatici sanno fare – utilizzano strumenti rudimentali per creare gioielli bellissimi e unici che è possibile comprare nel negozio adiacente. Mi lascio affascinare da rubini giganti e smeraldi … in ogni caso fuori dalla mia portata.
Continuiamo il viaggio in barca verso un altro villaggio, noto per la lavorazione della seta e del fior di loto. Ogni palafitta ha almeno due piani che ospitano una decina di telai l’uno per la lavorazione dei tessuti e la creazione di abiti tradizionali, sciarpe e coperte da vendere al mercato e nelle città. Osserviamo una ragazza che con grande manualità estrae una fibra sottile dalla canna del fior di loto, lo lavora velocemente per farlo diventare elastico e resistente e lo mette da parte: ne serviranno decine migliaia per creare un tessuto.
Nell’ultimo villaggio che visitiamo ci sono i laboratori di creazione dei sigari: qui fanno seccare fiori e frutti che serviranno da “ripieno del sigaro”. Le donne – sempre sedute in terra in posizioni assurde – arrotolano e chiudono i sigari chiacchierando amabilmente tra di loro. Il profumo dei prodotti locali è invitante ma non essendo fumatori ci limitiamo a comprare qualche souvenir.
Dopo pranzo – rigorosamente consumato su una palafitta – visitiamo il villaggio di Inthein, che ospita un grande e animato mercato. Superato il caos delle bancarelle entriamo in quello che ci sembra un mondo parallelo, uno scenario di un tempo remoto si apre davanti a noi: sono 1054 pagode antichissime -in parte coperte dalla vegetazione, altre semidistrutte – che creano un labirinto archeologico all’interno del quale è davvero bello passeggiare, sentendosi catapultati indietro nel tempo di qualche secolo.
Riprendiamo il viaggio di ritorno. La barca va cosi veloce che a volte sembra di saltare sull’acqua. I pescatori si apprestano a fare ritorno a casa. Il cielo assume toni aranciati e si riempie di uccelli: i piu’ fortunati beccano un pesce al volo, i piu’ furbi accettano volentieri i pezzi di pane lanciati dai monaci sulla barca di fianco alla nostra. Nei villaggi i bambini saranno già in casa e le madri staranno preparando zuppe fumanti: non c’é la corrente elettrica, sarà solo il fuoco a illuminare la cena di famiglia. Ci lasciamo alle spalle questo mondo galleggiante, fatto di giovani artigiani, di case sull’acqua, di templi antichissimi. E di sorrisi.
INFO UTILI
Come arrivare:
Se avete poco tempo a disposizione potete arrivare in aereo all’aeroporto di Heho, che dista 40 km dalla cittadina di Nyaungshwe, porta di accesso al lago.
Se preferite l’autobus dovete arrivare fino a Shwenyaung e da lì proseguire per Nyaungshwe.
Dove dormire:
La cittadina di Nyaungshwe offre molte possibilità di alloggio, da alberghi a guesthouse. La città in sé non è niente di che, ma è il punto di partenza della barche per il lago Inle.
E’ il mio sogno nel cassetto, spero che la situazione si sistemi presto, e anche loro tornino alla normalità. Non vedo l’ora di essere lì tra questi paesaggi stupendi ma soprattutto vedere i loro sorrisi.
credimi fa male sentire certe notizie al tg sapendo tutta la sofferenza che hanno già vissuto in passato e quanto erano felici di essere arrivati alla democrazia. Il Paese sa cosa vuole, non si sottomette più e purtroppo ne sta pagando le conseguenze 🙁