Sembra di vederli, corpi esili e malandati che si trascinano per inerzia, sguardi vuoti e mani fragili che reggono una ciotola di acqua sporca e radici. Sarà la loro cena, poi forse una preghiera a Dio, che possa mettere fine a tutto questo, forse anche alla loro vita. E invece no, domani è un altro giorno uguale a tutti gli altri, fatto di violenze e torture, di sofferenze e privazioni, di speranze perdute.

“Lasciate ogni speranza o voi che entrate” era scritto sulla porta dell’inferno. E qui, all’inferno ci si arrivava con il treno.

 Era qualche anno che promettevo a mamma di portarla Cracovia, la cui visita al complesso di Auschwitz-Birkenau vale da sola il viaggio. E rimandavo perché sapevo che non sarebbe stato un viaggio di piacere, di risate e spensieratezza; forse bisogna essere pronti, o forse no, bisognerebbe solo andare e vedere con i propri occhi. Sono poche le parole che posso usare per descrivere la visita al più’ noto campo di sterminio nazista di Birkenau: straziante, toccante, dolorosa, impressionante. Un enorme terreno desolato che sembra non avere confini, intervallato da recinzioni in filo spinato e pochissime baracche sopravvissute al rogo post-liberazione; due binari che corrono paralleli, ma che non vanno da nessuna parte e segnano l’inizio di un viaggio senza ritorno.

C’è molta gente, scolaresche e gruppi organizzati, eppure ci si sente soli, abbandonati e afflitti da una storia senza giustizia, una storia che non ha insegnato niente e che si ripete. Si puo’ camminare liberamente per il campo fino a raggiungere le rovine delle camere a gas e dei forni crematori.

Non meno toccante è la visita del campo principale di Auschwitz, distante una paio di chilometri e raggiungibile con una navetta gratuita (da aprile a ottobre). Si entra dal tristemente celebre cancello e si segue un percorso che si snoda all’interno delle baracche, al cui interno si trovano fotografie, documenti, oggetti personali e la raccapricciante raccolta di capelli e scarpe. Si passa poi al muro della morte, dove venivano fucilati i prigionieri mentre i più’ sfortunati finivano torturati nelle celle di isolamento (qui i passaggi sono stretti e manca l’aria, per cui siate pronti a rinunciare se soffrite di claustrofobia). La visita termine con la terrificante visita all’interno di una camera a gas e di un forno crematorio. E dopo questa, avrete bisogno di vodka, tanta vodka.